Tornano i desperados delle finanze pubbliche, quelli che quando non sanno più dove sbattere la testa giocano il jolly della lotta all’evasione fiscale, risolve tutti i problemi. Basta sparare un numero alto a piacere (il calcolo del rapporto tra Pil e consumi usato per definire l’ammontare eventualmente evaso non fornisce un dato attendibile) e la gente si illude che si tratta di denaro pronto per essere preso, basta allungare le mani. In tal caso non solo l’opinione pubblica è sistemata, ma si generano ulteriori assunzioni nel pubblico impiego perché le risorse per contrastare un fenomeno che interessa solo i piccoli imprenditori ma mai le banche e le multinazionali che non temono lo stato di polizia fiscale, guarda caso non bastano mai. Peccato che il processo di riscossione sia altamente inefficiente, al punto che se una impresa normale avesse gli stessi rendimenti di quella macchina statale l’80% dei suoi prodotti finiti sarebbero da buttare, difettosi, invendibili. Azienda da chiudere e suoi vertici tutti da licenziare. Sul fronte opposto, quello delle uscite, gli sprechi della pubblica amministrazione ammonterebbero al doppio di quanto è stato calcolato potrebbe essere l’evasione. Un tesoretto da 200 miliardi l’anno, sufficienti per azzerare il debito pubblico in un decennio o poco più, un importo che giustificherebbe un impiego di risorse doppio rispetto a quello dedicato alla lotta all’evasione. Nessuno mette mano in quel settore, gli sprechi sono una miniera d’oro per la classe politica, all’ombra dei quali si cela di tutto. I politici avranno tanti difetti, certamente sono immuni al tafazzismo
Andrea Bucci